top of page

Estratto da

La ribellione

Adrianne aveva visto sua madre contorcersi le mani nervosamente per tutta la sera. Non ci voleva un genio per capire che Marlene sentiva il bisogno di parlarle ma non riusciva a trovare il coraggio per farlo. Suo padre, al contrario, era stato una presenza silenziosa e meditabonda. Se lei e sua madre avessero cenato in compagnia di una mummia egizia, probabilmente la serata sarebbe risultata più vivace.

Rilesse più volte lo stesso paragrafo del libro d’archeologia che teneva in grembo senza riuscire a incamerare le informazioni che stava studiando: probabilmente il viaggio era stato più stressante di quanto avesse immaginato in un primo momento, doveva essere davvero molto stanca.

La cosa giusta da fare sarebbe stata quella di pregare e meditare per un po’ prima di andare a dormire, ma il timore — e allo stesso tempo la speranza che non riusciva a cacciar via — di sognare ancora il suo bellissimo sconosciuto, erano un incentivo a rimanere sveglia. E per quello stesso motivo erano molte le notti insonni che aveva alle spalle.

Ci fu un tocco leggero all’ingresso indipendente del monolocale. Adrianne mise da parte il libro d’archeologia pensando che alla fine sua madre si fosse decisa a parlarle e andò verso la porta.

Chissà perché aveva scelto l’ingresso esterno quando c’era una porta comunicante che portava direttamente dal piano superiore alla taverna. Abbozzando un sorriso di benvenuto, andò ad aprire, ma non fu sua madre che si trovò davanti. Presa dal panico cercò di richiudere la porta in faccia al suo ospite, ma lui fu più rapido.

Entrando nel monolocale si guardò attorno con occhio critico.

«Bel posticino», commentò ciondolando nella stanza spaziosa.

«Co-cosa ci fai qui? Come mi hai trovata?»

Il bellissimo sconosciuto dagli occhi cobalto si sedette sul letto e la invitò a sedergli accanto con un gesto ammiccante.

Adrianne, che aveva ancora la mano sulla maniglia, valutò le sue opzioni. Sarebbe potuta fuggire — già, ma per andare dove? — oppure avrebbe potuto affrontare quell’uomo che ormai la perseguitava da mesi.

Ogni notte, ogni maledetta notte era entrato nei suoi sogni facendole temere che la sua vita non sarebbe mai tornata normale.

Chiuse gli occhi e si fece forza. Questa storia doveva finire qui e ora. Non avrebbe nascosto la testa nella sabbia. Non più.

 

«Adrianne?»

Lucky si alzò dal letto e raggiunse la prescelta. Aveva gli occhi chiusi e respirava affannosamente. La sua mano era ancora sulla maniglia e la stringeva con forza. Non era assolutamente un buon inizio.

“Lasciaci soli”, comunicò ad Arcana che gli stava ancora accanto disgregata in minuscole particelle invisibili.

Quando il demone se ne fu andato, Lucky sfiorò una guancia di Adrianne con il dorso della mano. Doveva essere cauto con questa femmina, usare il guanto di velluto o avrebbe continuato a sfuggirgli rendendogli impossibile portare a termine il suo piano.

«Non volevo spaventarti», si scusò. «Avevo solo molta voglia di vederti.»

Adrianne si voltò a guardarlo con i suoi grandi occhi smeraldo. «Chi sei? Che cosa vuoi da me?»

Lucky sorrise. «Se te lo dicessi così, senza preamboli, ti spaventeresti e fuggiresti da me. Di nuovo.»

La ragazza evidentemente indispettita sbatté la porta d’ingresso e gli volse le spalle. «Hai intenzione di darmi delle risposte soddisfacenti o preferisci continuare questo tiro alla fune ancora per molto?»

Lucky sospirò. «Se ti dirò la verità mi prometti che non cercherai di fuggire e resterai ad ascoltare quello che ho da dirti fino alla fine, questa volta?»

La seguì con lo sguardo mentre si dirigeva verso il letto dove si sedette composta.

«Resterò ad ascoltarti fino alla fine se non cercherai di farmi del male e se mi dirai tutta la verità. Se contravverrai a una sola di queste regole il nostro patto non sarà più valido e non ti darò altre possibilità.»

Qualcosa dentro di lui si mosse. Era solo un uccellino spaurito eppure quella ragazza pretendeva di dettare le regole del gioco.

Nella stanza guizzò un lampo di denti bianchi. Doveva concederglielo: la prescelta dimostrava di avere molto coraggio. Si mosse con passo elegante e aggraziato per raggiungerla.

«Lo prometto», disse sedendosi sul letto, e prendendola dalla vita se la posò in grembo, neppure fosse una bambola di pezza senza peso.

Adrianne squittì aggrappandosi alla camicia di Lucky per mantenere l’equilibrio. Sembrava essere molto scontenta che lui si prendesse certe libertà con lei.

«Prima che tu possa obiettare per questa sistemazione», la informò lui alzando una mano per fermare le proteste della ragazza, «ti rammenterei che non fa parte delle regole che hai imposto, il come avremmo parlato.»

Sfiorandole i capelli con dita leggere aggiunse: «Inoltre non mi hai vietato di toccarti. E prima che ti venga in mente di cambiare le regole del nostro patto, sappi che per ogni regola che aggiungerai o modificherai, affinché io l’accetti, dovrai darmi qualcosa in cambio e per come sono fatto, probabilmente mi comporterò da ingordo in questa circostanza.»

Il suo sguardo si soffermò sul seno della prescelta per poi risalire verso la bocca dalle labbra piene.

«Molto ingordo», specificò con voce roca.

Adrianne lo squadrò con aria combattiva. «Sei tu che vuoi qualcosa da me, io da te non voglio proprio niente, quindi perché dovrei permetterti di impormi delle regole quando è evidente che sono io a tenere il coltello dalla parte del manico?»

Lucky sbatté le palpebre, sorpreso. «Come, scusa?»

«Hai capito benissimo quello che ho detto», disse Adrianne schiaffeggiandogli la mano che si era fermata con nonchalance all’altezza del seno.

«Tra l’altro sono certa che tutto questo sia solo un altro dei miei incubi. Devo essermi addormentata mentre leggevo. Non c’è altra spiegazione alla tua presenza qui.»

Lucky avrebbe dovuto irritarsi o quantomeno innervosirsi per il comportamento sfrontato di quella femmina, eppure per quanto si sforzasse non riusciva a racimolare neppure un briciolo di rabbia. Al contrario era divertito da quella sua aria combattiva ed eccitato dalla sua risolutezza.

«In realtà questo non è affatto un sogno e sei stata tu a chiedere qualcosa per prima. Mi hai chiesto chi sono e cosa voglio da te, ricordi?»

«Bene, allora rispondi», lo incalzò a quel punto Adrianne. «Facciamola finita con questa storia una volta per tutte. Dimmi chi sei.»

  • Instagram Social Icon
  • icona la stirpe di belial
  • Tumblr Social Icon
  • Wix Facebook page
  • Wix Twitter page
  • Wix Google+ page

Seguimi su

bottom of page